Per ottenere la riabilitazione di un atleta in maniera ottimale e in breve tempo bisogna intervenire sul ripristino del funzionamento e della confidence che egli aveva prima di infortunarsi. Per gli sportivi è fondamentale riuscire a controllare i propri stati emotivi e quelli psicofisiologici associati. Per raggiungere tale risultato è quindi necessario arrivare ad uno stato di consapevolezza, di conoscenza di se stessi, che non è scontato che l’atleta possieda. La situazione ottimale per lui sarebbe quella di creare una baseline in un momento di stabilità, di prendere consapevolezza e di imparare a gestire i propri stati emotivi e psicofisiologici, oltre che di avere una panoramica delle diverse sfere (familiare, lavorativa, identitaria, ecc.) della propria vita.
Un infortunio è come un terremoto, arriva quando meno ce lo aspettiamo e ci fa perdere l’equilibrio costruito fino a quel momento. Ma un ulteriore difficoltà consiste nel fatto che a volte non si è consapevoli di quali siano le aree in cui il terremoto ha creato delle crepe. La struttura di base perde l’asse di riferimento e il funzionamento nella vita dell’atleta cambia.
Aver costruito la baseline psico fisiologica, prima di un infortunio, permette di calcolare gli scostamenti rispetto al punto di riferimento e rende possibile richiamare quelli stati funzionali, accelerando il recupero. Quindi sarebbe opportuno costruire e consolidare la consapevolezza in un momento in cui tutto (o quasi) funziona bene, in modo da conoscersi in uno stato di health. Ecco quindi che nel momento in cui la baseline salta, si è consapevoli del proprio stato funzionale.
In ogni caso, anche in mancanza di una baseline in un momento di totale salute psicofisica, è possibile e necessario aiutare l’atleta ad acquisire maggiore consapevolezza nel momento dell’infortunio e nel percorso di recupero e aiutarlo a costruire un nuovo equilibrio.
La maggioranza degli atleti che pratica sport da lungo tempo ha sperimentato forme più o meno gravi di infortunio. E’ un evento multifattoriale, di tipo bio-psico-sociale, che coinvolge quattro aree interconnesse tra loro: l’area del benessere fisico, l’area del benessere emozionale, quella del benessere sociale e l’area del sé. La risposta psicologica è collegata fortemente al senso di identità atletica della persona e al suo grado di investimento nell’attività (Conti, di Fronso, Bertollo, 2015).
L’infortunio, soprattutto in un atleta d’elite, ha un grande potenziale traumatico. All’improvviso tutti i progetti, la routine quotidiana, le aspettative proprie e altrui vengono spezzate. Le paure aumentano. Si ha, infatti, la paura di rifarsi male, di non riuscire a tornare allo stato fisico che precedeva l’infortunio, di deludere le aspettative di chi crede o investe in te (come allenatore, direttori della società sportiva, compagni di squadra e tifosi).
Il C.I.S.S.P.A.T. LAB è un Centro di Psicologia dello Sport, tra le proprie consulenze offre agli atleti tecniche e interventi finalizzati a processare e rielaborare il trauma dell’infortunio diminuendo tempi di recupero. Queste tecniche in ambito sportivo, dove la capacità di autoregolare la propria respirazione e i propri stati d’animo, possono davvero fare la differenza, oltre che interrompere uno stato di malessere della persona.
Abbiamo avuto il piacere di lavorare con molti atleti d’elite, come Diego Antl, rugbista argentino, con diverse esperienze in Nazionale Italiana Seven, oggi giocatore del Femi Cz Rugby Rovigo Delta. L’atleta, dopo una lussazione della spalla (seguita da un’operazione) durante i mondiali 2018 in Russia, ha iniziato un percorso presso il nostro centro. Abbiamo svolto un training finalizzato a facilitare la rielaborazione del trauma. Antl era sostenuto da un equipe di esperti e seguiva un percorso di fisioterapia e palestra per rientrare il prima possibile in campo, ma era fondamentale che potesse “allenare” anche la mente così da riuscire a controllare i propri pensieri, in modo da prepararsi al meglio per le prossime performance. Il training consisteva nell’utilizzo delle Tecniche di Biofeedback (approfondite in seguito). In particolare abbiamo misurato la conduttanza cutanea mentre l’atleta guardava dei video. Il primo video mostrato aveva il fine di rilassare il paziente. Tale video infatti si bloccava nel momento in cui il cut-off di attivazione veniva superato. In questo modo l’atleta era obbligato ad autoregolarsi. Subito dopo gli è stato mostrato il video del suo infortunio. Dopo qualche giorno l’abbiamo intervistato a riguardo di questa esperienza.
Intervista (30 Ottobre 2018): Diego Antl.
Intanto come stai?
Bene. La spalla ha iniziato a fare male un’altra volta. È che ho ripreso ad allenarmi forte, con contatto. Non proprio con contatto diretto, ma faccio tutto quello che fa la squadra, ho ripreso gli allenamenti.
Cosa hai provato quando hai visto il video per la prima volta?
Mmh… Non lo volevo vedere! Perché è un’immagine che si ripete nella mia mente sempre e mi fa male. Mi torna in mente mentre gioco, mi fa avere paura di cadere e non so come non averla in mente.
Hai sentito il dolore?
Si, assolutamente, ogni volta che ci penso o che guardo il video. Ma anche adesso che sto un po’ forzando con gli allenamenti.
Ora ti chiederò di dirmi l’intensità delle emozioni che hai provato in quel momento da 1 a 10:
- Rabbia: 8
- Paura: 9
- Tristezza: 4/5
- Gioia: 3
- Sorpresa: 6
- Disprezzo: 7
- Disgusto: 6/7
Alla fine del training quanto faceva male?
8, è un continuare a riviverlo. Ma mi ha aiutato parlarne.
Pensieri particolari di cui vuoi parlare?
No…un po’ di ansia per quando riprenderò a giocare. Non che abbia paura del dolore, il dolore e il ghiaccio sono i miei migliori amici in questo sport, ma più si avvicina il giorno di tornare in campo e più cresce l’aspettativa, da parte mia ma anche dalla squadra, dal coach, dai tifosi. Sento la pressione.
Hai espresso la voglia di recuperare il prima possibile. Per chi lo fai? Per te? Per il team?
Per me stesso, per le persone che mi sono vicine e che mi sostengono. Anche per il team ma a loro lo dimostrerò in campo appena possibile.
Dopo il nostro incontro, quindi dopo il training, come ti sei sentito i giorni successivi?
Quando sono andato via mi sono sentito più libero, ma poi, nei giorni successivi, sono stato troppo focalizzato a lavorare e mi sono perso il resto. Se qualcuno ha bisogno di me non me ne rendo conto per esempio. Domani ho l’incontro con il medico, gli racconterò dei miei dolori, mi dirà se sono normali o meno e mi confermerà se a Dicembre potrò rientrare in campo.
Il segreto di un grande atleta è la capacità di focalizzarsi sugli obiettivi più adeguati alla situazione. Diego ha segnato la “meta” concedendosi il miglior recupero possibile. Da domani tornerà in campo e potremo ammirare le sue performance. Facciamo un grossissimo in bocca al lupo al nostro campione, che ringraziamo per aver voluto condividere la sua storia con voi.
Teorie e tecniche: un approfondimento sul trattamento del trauma.
I soggetti con una dissociazione traumatica hanno ricordi frammentati e poco integrati, investiti di affetti a loro volta frammentati e intensi, che non sono in grado di verbalizzare (Van der Kolk, Fisler, 1995). L’obiettivo principale della terapia diventa quindi quello di acquisire la capacità di tollerare questi affetti e di riuscire a verbalizzare le proprie emozioni e sensazioni corporee, sino ad arrivare ad integrarle nel proprio sistema cognitivo in maniera funzionale. A tal fine possono essere utilizzate diverse tecniche:
- La Desensibilizzazione Sistematica (DS), ha radici nel Condizionamento Classico e si basa sull’impossibilità della contemporanea presenza di ansia e rilassamento. Allo stimolo ansiogeno viene, ad esempio, sistematicamente associato il rilassamento allo scopo di estinguere progressivamente la risposta d’ansia e di sostituirla con quella di rilassamento. Le fasi in cui si articola l’intervento sono fondamentalmente tre:
1) L’analisi degli stimoli ansiogeni e il loro ordinamento in una scala gerarchica che va da un minimo a un massimo di ansia evocata;
2) Apprendimento delle tecniche di rilassamento;
3) Immaginazione graduale, durante uno stato di rilassamento, di varie situazioni ansiogene, cominciando da quelle che evocano un minimo d’ansia, per passare poi a quelle più ansiogene, fino a quando il paziente/atleta non è in grado di mantenere lo stato di rilassamento anche nell’immaginare le scene che evocano un massimo d’ansia.
Naturalmente si lavora in prospettiva del fatto che questo apprendimento tende poi a generalizzarsi nel mondo esterno, quindi sulla possibilità di richiamare lo stato di calma anche in campo/gara. - La Psicoterapia (Tecniche Cognitive) è intesa come modificazione degli schemi cognitivi disfunzionali, che vengono ipotizzati essere alla base della sofferenza emotiva e della reiterazione di comportamenti inadeguati e controproducenti. Primo scopo della terapia è l’identificazione, nel lavoro col paziente/atleta, di questi schemi disfunzionali, al fine di aiutare quest’ultimo nell’ambito del possibile a rivederli, correggerli e aggiornarli, per adeguarli il più possibile alla sua realtà e a quella dell’ambiente che lo circonda.
- La Tecnica del Biofeedback è molto utilizzata per la riabilitazione funzionale cognitiva al trauma: questa tecnica si basa su strumenti finalizzati a monitorare le funzioni e i parametri vitali come respirazione, battito cardiaco e conduttanza cutanea. Questa procedura ha lo scopo di ottenere maggior controllo sulla performance e, di conseguenza, sul risultato finale.
La conduttanza cutanea dipende direttamente dallo stato di rilassamento o di stress del paziente/atleta, rendendolo un indicatore di stress molto utilizzato e molto preciso.
La risposta cutanea, nota anche come risposta galvanica della pelle (GSR), risposta elettrodermica (EDR) o conduttanza cutanea (SC) è un metodo per misurare la conduttanza elettrica della pelle, che varia con il suo livello di umidità.
Le ghiandole sudoripare sono controllate dal sistema nervoso vegetativo (simpatico) e reagiscono direttamente ai più piccoli cambiamenti emotivi, fisici o mentali. Un aumento della conduttanza della pelle è chiaramente visibile sotto l’influenza dello stress. I fattori di stress possono essere, ad esempio, attività mentale, eccitazione emotiva, profonda inspirazione o paura.
Riassumendo:
- E’ importante lavorare in uno stato di salute dell’atleta lavorando sulla baseline
- Intervenire quanto prima sul trauma
- Scegliere il training più adeguato per il trauma specifico in relazione alla personalià dell’atleta
- Monitorare nel tempo i cambiamenti ottenuti
Per qualsiasi informazione, per percorsi e tempi scrivere a info@psicologidellosport.it o contattare la segreteria a 049-650861
A cura di Dott.ssa Perez Roldan Agustina.
Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB
Bibliografia
Conti, C., Di Fronso, S., Bertollo, M., (2015). Caratteristiche psicologiche correlate alle diverse fasi di recupero dall’infortunio sportivo: revisione critica della letteratura. In Giornale Italiano di Psicologia dello sport, 24, pp. 25-36.
Van der Kolk, B., A., Fisler, R., (1995). Dissociation and the fragmentary nature of traumatic memories: overview and exploratory study. In J Trauma Stress, 4, pp. 505-525.
Sitografia
www.igorvitale.org
www.mindfield.de
www.psicoterapiarca.it
https://www.federugby.it/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=117&Itemid=432
www.stefanodelfrate.com