L’attività sportiva è quasi esclusivamente organizzata sulla base di gruppi: società sportive, circoli, federazioni sportive nazionali ed anche gruppi scolastici. Il gruppo è una struttura sociale ed esercita un’influenza sia diretta che indiretta sul comportamento delle persone che ne fanno parte (Cei, 1998). Questo è evidente anche nell’ambito sportivo per ciò che concerne la performance.
Che cos’è un gruppo? La definizione di gruppo in ambito psicologico non è stata univoca, essa cambiava insieme alle epoche storiche in cui veniva elaborata: per alcuni, il fattore critico per definire il gruppo è l’esperienza di un destino comune (Lewin, 1948, Campbell, 1958); per altri l’elemento chiave è l’esistenza di una certa struttura sociale, formale o implicita, di solito sottoforma di relazioni di status e di ruolo (Sherif, Sherif 1969). Altri ancora ritengono il gruppo quello in cui gli individui sono in interazione faccia-a-faccia (Bales, 1950, Homans, 1950). Negli anni ’80 invece compaiono delle riflessioni circa l’autocategorizzazione delle persone (Tajfel 1981; Turner 1982): un gruppo esiste quando “due o più individui […] percepiscono se stessi come membri della medesima categoria sociale” (Turner, 1982, pag.15). Questa definizione ci porta alla più recente definizione di gruppo elaborata da Brown (2000), il quale ha integrato la definizione di Turner con un aspetto relazionale dei gruppi. Brown cioè ha riconosciuto la necessità di considerare i gruppi non come realtà a sé stanti ma in relazione ad altri: “un gruppo esiste quando due o più individui definiscono se stessi come membri e quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno un’altra persona” (Brown, 2000, pag.17).
La squadra è dunque un gruppo, più nel dettaglio un gruppo formale. A differenza di quanto avviene nei gruppi informali, i membri di un gruppo formale non si sono scelti in autonomia, in modo spontaneo, ma sono stati scelti da persone o enti esterni. In una squadra sportiva infatti, molto spesso i giocatori non si conoscono tra loro perché vengono selezionati da manager o tecnici della squadra ad inizio o fine stagione.
La squadra è anche qualcos’altro, non solo un gruppo formale: è un gruppo sociale. I suoi membri infatti interagiscono e sono interdipendenti rispetto ad un obiettivo comune. Nel rugby, così come in molte altre discipline sportive, essere squadra è molto di più che essere un gruppo. Una squadra infatti è un sistema a se stante, un’unità inimitabile che si sviluppa secondo proprie regole (implicite ed esplicite), una propria modalità di pensiero, ma non solo, sviluppa anche una rete di relazioni tra persone altrettanto irripetibile.
Le caratteristiche della squadra trascendono infatti quelle dei singoli e non coincidono con la semplice somma di queste. Ne è la prova il fatto che le squadre migliori non sono quelle composte dai giocatori più bravi, spesso squadre con ottimi elementi si ritrovano a perdere partite, che sono state vinte invece da squadre che, se pur non formate da “fuoriclasse”, hanno vissuto momenti agonistici eccezionalmente elevati grazie all’interdipendenza positiva che sono riusciti ad instaurare tra loro (Duda, 2001).
Le caratteristiche che permettono ad una squadra di avere un buon rendimento quindi, non riguardano solo le abilità individuali degli atleti. Elementi di estrema importanza sono quindi la qualità delle relazioni tra gli individui, il clima di gruppo, la capacità di comunicare in modo efficace, la condivisione di obiettivi comuni e il senso di appartenenza. Due squadre che possiedono le medesime risorse possono differire nella prestazione se in una domina rivalità e competitività e nell’altra cooperazione e reciproco sacrificio (Cei et al, 1988; Scilligo et al. 1986).
Anche la coesione di squadra è un elemento importante in quanto promuove aspetti significativi della motivazione individuale, quali ad esempio l’impegno e lo sforzo agonistico, o la sua disponibilità a sacrificare interessi personali per la riuscita della squadra (Zelli, 2011). La coesione è descritta come la tendenza di un gruppo a restare unito per raggiungere obiettivi stabiliti e\o per la soddisfazione dei bisogni affettivi dei suoi membri (Eys et al., 2010).
Molti in ambito sportivo, soprattutto i rugisti, considerano il rugby lo sport di squadra per eccellenza (Sferragatta, 2013). Questo perché lo sport in questione prevede una vicinanza fisica tra i compagni di squadra molto stretta, che poi si traduce in termini di vicinanza mentale. Il corpo si utilizza a pieno sul campo per sostenere i compagni, oltre che per opporsi agli avversari. Quando un compagno è a terra con la palla, a lottare contro un avversario, chiunque gli sia vicino è chiamato a fornirgli “sostegno”, ovvero ad aiutarlo in un gioco di forze, nella spinta verso l’avversario. L’atleta che fornisce il sostegno, non ha l’obiettivo di recuperare la palla, compito lasciato ad altri, ma proprio quello di aiutare ed alleggerire il proprio compagno.
Altra situazione di estrema vicinanza e condivisione per i giocatori di rugby è la mischia, all’interno della quale i giocatori sono estremamente compatti, che si coordinano nei micromovimenti con il massimo delle loro forze.
Questo si traduce su un versante psicologico in emozioni forti legate al gruppo, conoscenza reciproca e fiducia, ma anche in consapevolezza del bisogno di non essere soli, sviluppando un senso di appartenenza e coesione con i compagni di squadra.
“in campo, in situazioni difficili, sentiamo l’arrivo dei nostri compagni, non ci giriamo mai per vedere se abbiamo sostegno. Lo sentiamo. E quando ci abbracciamo l’un l’altro in mischia, in spinta, diventiamo un unico giocatore. A volte ci riconosciamo dagli odori“ (Lo Cicero, 2007, p.51).
Non è solo il corpo a determinare questa vicinanza, anche nella tattica del gioco è previsto un certo grado di interdipendenza: la palla non può essere passata in avanti, per cui l’obiettivo del singolo è cercare di avanzare nel campo avversario il più possibile, ma quando si arriva al limite è necessario passare la palla al compagno vicino, come passare il testimone con il mandato della meta. “Nel rugby non esiste avanzamento collettivo che non sia supportato dall’avanzamento individuale, ma d’altra parte, l’avanzamento individuale perde di efficacia se non è supportato da quello collettivo”. (Sferragatta, 2013, p.41).
Dal punto di vista del pensiero invece queste abilità sociali si traducono, per esempio, in : saper prevedere le mosse del compagno prima che quelle dell’avversario, in modo da poterlo affiancare (decision making e capacità di lettura della situazione); avere la stessa visione di gioco e sapersi disporre sul campo in modo uniforme (problem solving e capacità visuo-spaziale); voler contribuire al successo mettendo al primo posto la squadra e non se stessi. Significa in sostanza dare vita ad una mente collettiva, che trascende quella dei singoli atleti.
Una squadra con queste caratteristiche non si trova già formata in natura, è necessario costruirla e\o formarla nel tempo, cercando di sviluppare e potenziare gli aspetti predittivi di tali caratteristiche fisiche e mentali. Tale compito spesso viene attribuito al coach ma in realtà spetta a tutti coloro che vivono nell’ambito sportivo, poiché è l’intero contesto ad essere determinante.
Bibliografia:
- Brown, R. (2000). Psicologia sociale dei gruppi. Bologna, ed. Il Mulino.
- Campbell, D.T. (1958). Common fate, similarity, and other indices of the status of aggregates of persons as social entities. in Behavioural Science,3, pp.14-25.
- Cei, A. (1998). Piscologia dello sport. Bologna, ed. Il Mulino.
- Cei, A., Bergerone, C., Ceridono, D., Formica, F. (1988). Personalità e stile interpersonale dell’allenatore in uno sport di squadra, in Guicciardi, M., Salvini A., (a cura di), La psicologia dell’atleta, Milano, ed. Giuffrè.
- Duda, J.L. (2001). Achievement goal research in sport: pushing the boundaries and clarifying some misunderstandings, in Roberts GC (ed.) (2001) Advances in motivational in sport and exercise. Human kinetics, Champaign, pp. 129-182.
- Eys, M.A., Burke, S.M., Carron, A.V., Dennis, P.W. (2010). The Sport team as an Effetcive Group. in Williams, J.M., ed., Applied Sport Psychology, New York, Mc Graw-Hill.
- Homans, G.C., (1950).the Human Group, Harcourt, New York, Brace and World.
- Lewin, K.(1948). Resolving Social Conflicts, Harper & Row, New York; trad. (1979). I conflitti sociali. Saggi di dinamica di gruppo, Milano, ed. Angeli
- Lo Cicero, A., Cecinelli, p. (2007). Il Barone. Un’autobiografia. Milano, Baldini Castoldi Dalai.
- Scilligo, P., Cei, A., Bergerone, C., Ceridono, D., Formica, F. (1986). Relationship between Intrapsychic and Interpersonal Processes and Performance in team Sport. International Journal of Sport Psychology, 4, pp. 293-310.
- Sferragatta, F. (2013). Le mete dell’allenatore. Prospettive di psicologia dello sport per l’allenatore di rugby. Milano, ed. Franco Angeli.
- Sherif, M., Sherif, C.W.,(1969). Social Psychology. New York, Harper & Row.Bales,R.F. (1950). Interaction Process Analysis: A Method for the Study of Small Groups, Chicago, Ill ., Universisty of Chicago Press.
- Tajfel, H. (1981). Human Groups and Social Categories, Cambridge, Cambridge University Press; trad it. Gruppi umani e categorie sociali, Bologna, ed. Il Mulino.
- Turner,J.C.,(1982). Towards a cognitive redefinition of the social group, in Tajfel, H., (a cura di), Social identity and Intergroup Relations, Cambridge, Cambridge Press University Press.
- Zelli,A. (2011). Un’analisi delle tematiche, processi psicologici e teorie riconducibili alle dinamiche di gruppo sportivo. in Ludici F., a cura di, Temi di psicologia dello sport, Milano, Led Edizioni.