Il mondo dello sport vede spesso scenari di grande entusiasmo verso atleti appena apparsi nel panorama agonistico che sembrano grandi promesse sportive e che poi in realtà scompaiono. Non si tratta sempre di fuochi di paglia ma di un fenomeno diffuso anche se poco conosciuto. Accade che un atleta appena comparso sulla scena abbia da subito valutazioni stellari ma poi, senza motivo apparente, scompaia dalle classifiche; alle volte l’atleta poi ritorna e si afferma meglio di come aveva iniziato ma nella maggior parte dei casi accade che il giocatore scompaia del tutto. Come possiamo spiegare quello che accade? il mondo della Psicologia dello Sport richiama l’Effetto Dunning-Kruger. Questo effetto spiega il percorso di maturazione e di crescita che, se fatto in modo corretto, porta giocatori con un potenziale ad affermarsi a livello mondiale. Coloro che hanno la possibilità di lavorare sulla loro performance sono coloro che ritornano più forti di prima, sfortunatamente non sono ancora la maggioranza. La Psicologia dello Sport vuole mettere in luce come un atleta esperto e stabile abbia bisogno non solo di un percorso sportivo adatto alle sue abilità ma anche di un valido percorso di crescita psicologico e personale per poter sostenere i progressi che compie, sopratutto all’inizio della sua carriera.
L’effetto Dunning-Kruger è una distorsione cognitiva. L’effetto consiste in un insieme di conclusioni che la persona (atleta) formula e considera come certe ma che in realtà non corrispondono alla realtà dei fatti. Tutto parte dalla visione che la persona ha di se stessa nel momento in cui comincia il percorso sportivo: l’individuo inizialmente giudica se stesso e le proprie azioni in modo errato perché non ha ancora un quadro completo di dati sulla realtà che sta affrontando; egli possiede poche informazioni, spesso anche sconnesse, che lo portano ad una mancanza di oggettività di giudizio o ad un errore di valutazione. Capita spesso che i successi iniziali, dati da doti individuali (sportive) ma non ancora sostenute da basi psicologiche stabili, mettano la persona nella condizione di sopravvalutarsi. Inoltre, capita altrettanto di frequente che lo staff reputi da subito un individuo pronto ad un certo impegno professionale quando in realtà non ha ancora messo le basi necessarie per poter sostenere il carico di lavoro in modo costruttivo e duraturo nel tempo. Questo accade spesso nel panorama sportivo: se lo staff tecnico e la società sportiva non investono a tutto tondo nel loro atleta può accadere che egli non raggiungerà mai il suo stato di forma ideale; si rischia che l’atleta scompaia, in modo graduale, dal panorama agonistico senza aver mai sfruttato davvero le sue abilità.
I primi studi scientifici fatti su questo fenomeno sono stati condotti da David Dunning e Justin Kruger i quali hanno iniziato le loro pubblicazioni intorno al 1999. Hanno scelto di chiamarlo “Dunning-Kuger Effect”. Nel corso delle loro ricerche hanno osservato e analizzato l’autovalutazione di studenti del college impegnati in differenti attività di ragionamento logico, grammaticale e umoristico. I loro studi sono poi stati estesi anche al panorama sportivo. La domanda da cui gli studiosi sono partiti è stata “Potrebbe essere che una persona incompetente non sia consapevole della propria incompetenza?”. L’assunto di base da cui partono gli psicologi è “Individui con una competenza limitata, ancora agli albori delle loro esperienze, hanno la convinzione illusoria di essere più abili di quello che in realtà sono davvero”, lavorano sulla realtà riconosciuta secondo cui “persone non del tutto competenti in materia spesso sono molto più convinte e sicure di persone con conoscenze e basi solide, quest’ultimi sono spesso pieni di dubbi”.
L’effetto Dunning-Kruger è quasi del tutto inconsapevole, guida il comportamento delle persone senza che queste se ne rendano conto. Le distorsioni cognitive, tra cui l’effetto Dunning-Kruger, sono un fenomeno che si può osservare in ogni aspetto della vita quotidiana di un individuo e quindi possono apparire anche in ambito sportivo. La performance sportiva è legata all’immagine di sè che i giocatori creano nel tempo. Gli atleti vedono inevitabilmente il “sè giocatore” attraverso una serie di bias cognitivi che vanno ad influenzare la loro performance in gara; questi bias sono legati a quello che i singoli atleti credono di saper fare o meno in modo ottimale. Si tratta di convinzioni radicate nell’immagine sportiva dello stesso atleta e per tanto se devono essere modificate hanno bisogno di un percorso di consapevolezza lungo e ordinato, di solito si tratta d’interventi eseguiti post-performance. Le distorsioni cognitive dello sportivo verso le proprie performance vengono ridimensionate attraverso un lavoro fatto post-gara con rielaborazione e analisi di quanto avvenuto durante il match e sotto la guida dello Psicologo dello Sport.
L’effetto Dunning-Kruger, nello specifico, vede soggetti poco esperti in una certa area di azione che tendono a sopravvalutare le proprie abilità e competenze; essi credono le proprie capacità più ampie e soddisfacenti di quanto in realtà siano e costruiscono una visione errata di loro stessi. Le persone non si rendono conto dell’effettiva competenza di chi le circonda e si posizionano su un gradino superiore rispetto al resto del gruppo, senza una valida ragione. In fine, gli atleti non sono consapevoli della loro reale posizione perché manca loro una base psicologica forte e stabile per analizzare ciò che gli accade in maniera oggettiva. Nel mondo dello sport questa situazione si verifica quando un’atleta, ancora alle prime esperienze in una disciplina sportiva, sopravvaluta l’inizio del suo percorso e inizia ad atteggiarsi e valutarsi come un professionista. Le basi di questo fenomeno possono essere ricostruite intorno all’incapacità di riconoscere i propri errori e i propri limiti data dall’ignoranza verso lo sport che si pratica o dalla mancanza di basi solide per fare un analisi critica del proprio percorso. Secondo gli autori David Dunning e Justin Kruger l’errore dell’incompetente si basa su un giudizio sbagliato che l’atleta stesso fa sul proprio conto. In seguito ad un addestramento specifico è possibile rendere l’atleta consapevole dell’immagine disfunzionale che ha creato e dargli gli strumenti per diventar efficace nel tempo sia a livello sportivo che psicologico.
L’individuo compie un continuo percorso di crescita e passa dall’effetto Dunning-Kruger all’Effetto del Falso Consenso. Questo secondo effetto vede invece soggetti competenti in materia che tendono a sottovalutare le proprie capacità, essi pensano che gli altri non abbiano difficoltà ad agire o pensare in modo simile o uguale a loro. L’individuo non è in grado di riconoscere la competenza che ha acquisito in un ambito di azione e ritiene che le sue abilità siano comuni e ampiamente condivise nella popolazione. In conseguenza a questo arriva il Processo di Attribuzione della Conoscenza che prevede una sovrastima da parte dell’individuo delle persone esterne che possiedono le proprie conoscenze specifiche. Gli individui, nonostante anni di esperienza e successi ottenuti, ad un certo punto sottovalutano le loro abilità. Questo momento di solito è associato ad una fase discendente della performance ed è un periodo durante il quale il soggetto, se seguito da personale competente, arriva ad una presa di consapevolezza dei propri mezzi reali. Una volta arrivati a questo punto del percorso di maturazione la persona è in grado di fare il salto e qualificarsi come esperto del settore. La persona ora non si chiede più se sarà in grado di mettere in atto una performance ottimale ma, consapevole di poterlo fare, si chiederà come utilizzare al meglio i propri mezzi per arrivare al risultato stabilito. Allo stesso modo è possibile che l’atleta prenda consapevolezza delle proprie abilità come una risorsa stabile sulla quale poter contare nel momento del bisogno.
In generale questi fenomeni si manifestano in ambito lavorativo, lo sportivo professionista ne è influenzato perchè vede lo sport come il suo lavoro a tempo pieno. In conseguenza a ciò possiamo prevedere l’effetto Dunning-Kruger anche in ambito sportivo: l’atleta inizialmente ha una visione molto ottimista dei suoi limiti, passa per un periodo di elaborazione delle sue reali abilità e potenzialità ed arriva ad un punto finale nel quale si può considerare “professionista” perché è consapevole di dei suoi limiti e del suo potenziale reale. Lo sportivo qualificato arriva a soluzioni o azioni corrette in poco tempo perché si è creato un background di conoscenze che lo supportano. A volte anche lui commette degli errori cognitivi quando inizia a pensare, nel corso del suo processo di maturazione, che anche le altre persone raggiungano le risposte corrette con la sua stessa facilità ma poi prende conoscenza della situazione reale. E’ questa la situazione in cui il giovane sportivo, che nel panorama agonistico risulta vincente fin dalla sua prima comparsa, riesce poi a mantenere la sua posizione e, dopo qualche tempo di maturazione, si afferma in modo stabile nella sua disciplina.
In generale, l’effetto prevede quindi che persone poco esperte abbiano una scarsa consapevolezza della propria incompetenza, esse tendono a fare errori consecutivi di interpretazione della situazione e continuano a farne finché non si fa notare loro la necessità di avere una visione reale del proprio punto di partenza. In ogni caso, sopratutto in ambito sportivo, è solo un punto di inizio su cui poter costruire le basi per dare all’atleta professionista la possibilità di migliorare. E’ necessario essere chiari con l’atleta circa l’inadeguatezza del suo pensiero, pur sapendo che inizialmente si otterrà solo un rifiuto. Qui è utile l’apporto di uno Psicologo dello Sport.
La sviluppo e il potenziamento della metacognizione può essere un modo ottimale per affrontare l’effetto Dunning-Kruger perchè permette di creare consapevolezza. La metacognizione, in generale, è la capacità di poter riflettere in modo consapevole sui propri pensieri e sulle proprie azioni; si tratta di una funzione mentale che permette al singolo individuo di accedere al proprio pensiero e scomporlo quanto serve per comprenderlo e usarlo in modo adeguato. Può servire, in oltre, per riflettere e fare inferenze su quello si che si crede che le altre persone pensino; diventa un mezzo efficace per entrare in rapporto con l’altra persona o con il contesto circostante. La metacognizione è utile per regolare le proprie reazioni emotive, i propri pensieri e le proprie convinzioni sul mondo che ci circonda. In base al livello di metacognizione la persona o l’atleta è maggiormente capace di comprendere il proprio livello di efficacia e competenza in un ambito specifico. Tramite questa funzione mentale le persone non sono in piena balia delle emozioni e delle risposte automatiche che fornice il nostro corpo, sopratutto in situazioni difficili. L’atleta che lavora bene sulle sua abilità metacognitive è in grado di regolare in modo funzionale pensieri e stati emotivi, in questo modo affronta la gara in una situazione di pieno controllo e migliora la performance finale. Se l’atleta è in grado di usare la metacognizione allora vive lo sport in armonia.
La Psicologia dello Sport mette in luce come ogni grande campione sportivo possa avere bisogno di basi psicologiche solide per potersi esprimere al meglio e di un sostegno costante, durante la sua esperienza agonistica, per poter riconoscere e utilizzare sempre al meglio le sue abilità. Lo Psicologo dello Sport vuole essere la figura professionale che si occupa del benessere dell’atleta a tutto tondo, vuole portare alla luce la necessità di non seguire solo il corpo ma anche la mente; se testa e corpo crescono insieme e in armonia danno la possibilità all’atleta di raggiungere performance sportive in continua ascesa. E’ necessario che il singolo giocatore lavori su se stesso, sotto una guida esperta, per conoscersi al meglio e poter quindi avere un quadro chiaro delle sue potenzialità e dei suoi limiti. La conoscenza profonda di se stessi apre all’atleta grandi margini di miglioramento sportivo. Ecco quindi il lavoro dello Psicologo dello Sport.
A cura di: Dott.ssa Valeria Soffiato
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