Lo sport può aiutarci a comprendere la strettissima relazione che intercorre tra il corpo e la mente.
Passando attraverso la forza mentale, il dolore per un lutto, la meditazione, il respiro e l’imbarazzo, il giocatore di basket dei Boston Celtics (NBA) Jaylen Brown ci spiega i suoi segreti per rendere in maniera ottimale in campo.
Secondo il giovane campione dei Celtics, il respiro e la meditazione sono alla base della preparazione al match, poiché consentono all’atleta di focalizzarsi unicamente sull’obiettivo, lasciando da parte tutto il resto.
Il concetto di forza mentale è, infatti, per Brown, molto diverso dalla perseveranza comunemente intesa. È più legato alla capacità, molto difficile da acquisire, di lasciar andare. Proprio lui, per le esperienze di vita fuori dal campo, è un esempio perfetto di atleta che, nonostante i dolori della vita (che un giovane ventunenne difficilmente è in grado di sopportare), sia capace di superare un enorme ostacolo con la sola forza della propria mente. Il caso di Brown è, a nostro avviso, una dimostrazione reale di ipercompensazione mentale attraverso lo sport.
Dopo la morte del suo migliore amico, infatti, il giovane atleta gioca una delle sue migliori partite.
Come possiamo spiegare questo, apparentemente strano, fenomeno?
Jaylen stesso ci comunica che il lavoro del lutto non sarebbe stato possibile se non fosse stato per un training mentale e fisico basato sulla durezza/forza mentale che aveva seguito, di sua spontanea volontà, l’estate precedente. Si era imposto il digiuno dall’alba al tramonto, poiché sentiva di dover abituare il proprio corpo a condizioni di sofferenza. Ciò, insieme alla meditazione e all’allenamento costante sul respiro, ha consentito a Brown di concepire questo avvenimento come “parte della vita”, nella quale si succedono accadimenti che spesso non possiamo controllare. A questo punto, è positivo per il proprio benessere l’atto del lasciar andare.
Nel caso in esame, la morte del migliore amico di Brown può aver causato nella mente dell’atleta un meccanismo di ipercompensazione grazie al quale, concentrandosi unicamente sullo sport, egli è riuscito a scaricare l’immenso dolore provato tramite una perfetta performance sportiva, avendolo trasformato in energia positiva. In questo caso, è il corpo che, grazie alla prestazione e all’attenzione selettiva sulla stessa, porta in spalla lo psichico (la parte mentale) momentaneamente traumatizzato. Il meccanismo in questione è molto complesso da sintetizzare, ma presuppone dinamiche interne in grado di operare questa trasformazione.
Infatti, l’ipercompensazione funziona da meccanismo difensivo consentendo alla persona di riempire, il più delle volte eccessivamente, i vuoti lasciati da un trauma. Eccellere nel lavoro grazie all’enorme sforzo e alla costante dedizione, in mancanza di affetti compensatori, può essere un esempio di questo meccanismo, facilmente generalizzabile al caso di Brown. Egli mette a canestro molti punti cercando di colmare l’enorme buco causato dalla perdita del caro amico.
Come spesso accade, il troppo causa un danno; proprio per questo l’ipercompensazione è spesso considerata disfunzionale, sebbene in questo caso l’energia confluisca in un canale altamente positivo e funzionale come quello sportivo.
La consapevolezza del funzionamento di questo meccanismo, presente nel giovane atleta, il quale grazie ai numerosi training mentali ha grande padronanza delle proprie emozioni e dei propri comportamenti, consente a Brown di posticipare volutamente il forte dolore per il lutto. Nei giorni successivi sa che questo dolore sarà inevitabile, che arriverà con tutta la sua potenza, ma anche lì Jaylen sarà pronto a guardarlo in faccia e combatterlo.
Infatti, egli è fermamente convinto che il dolore possa essere gestito dalla mente.
Anche la paura di fallire, di non essere abbastanza, di imbarazzarsi davanti al pubblico provando giocate che i più, proprio per paura, non provano, è un ostacolo da superare secondo Brown. Questo fa la differenza tra i giocatori normali e i campioni: essi sanno che l’imbarazzo è l’unico modo per crescere davvero. Non si cresce vincendo sempre, ma provando e poi focalizzandosi sulle proprie emozioni (positive e negative) conseguenti al gesto. Egli applica alla lettera tutti i precetti fondamentali della psicologia dello sport. Crede in se stesso a tal punto da considerare un mostro sacro di nome Lebron James come un giocatore normale. Sebbene poi, nello scontro diretto, Lebron vinca di gran lunga su Brown, è importante comprendere come un atleta che non si ritenga (a buon diritto) inferiore rispetto a nessun altro, possa preparare il proprio corpo a rispondere di conseguenza.
Un altro punto fondamentale della visione di Brown riguardo lo sport, è la considerazione che ogni atleta è da intendere nella sua globalità, non solo in quanto sportivo. Tutte le attività che svolge fuori dal campo (musica, hobby, amicizie, relazioni, alimentazione) sono parimenti importanti per la persona, poiché contribuiscono a dare quella forma mentis corretta (o meno) che si rifletterà sulle prestazioni in campo.
La bellezza dello sport sta anche in questo: è uno specchio sul quale si riflette perfettamente la relazione tra mente e corpo. Non c’è vittoria senza una perfetta consapevolezza di sé e del proprio corpo, non c’è sconfitta che possa essere elaborata senza l’abilità mentale del lasciar andare. Per Brown, l’unico modo per sentirsi davvero è il respiro, collegamento diretto tra una mente silenziosa e un corpo in movimento.
“Respira e controlla ciò che puoi controllare, è semplice.”
Jaylen Brown
Articolo a cura del Dott. Parisi Giuseppe collaboratore CISSPAT LAB.
Direttore CISSPAT LAB Dott. Bargnani Alessandro.
Bibliografia
– www.sbnation.com/platform/amp/nba/2018/2/13/17005146/jaylen-brown-boston-celtics-meditation?
– www.theguardian.com/sport/2018/jan/09/jaylen-brown-boston-celtics-nba-interview
Credits images
-https://www.google.it/search?q=jaylen+brown&source
-https://www.google.it/search?biw=1511&bih=653&tbm=isch&sa=1&ei=O9HEWqzZA86RkwW-vo2ADw&q=jaylen+brown+canestro