Identità di gruppo e coesione: forza e risorsa di una squadra
Somigli C., Corazzi S., CISSPAT Lab
La psicologia dello sport interviene a diversi livelli: sull’individuo o sul gruppo, con tecniche specifiche o con strumenti che attingono alla più ampia area della psicologia applicata.
Da novembre 2016 a giugno 2017 abbiamo lavorato con gli atleti dell’Accademia zonale di rugby under 18 di Roma seguendo un protocollo di intervento standardizzato, ma lasciando aperta la possibilità di modificarlo e adattarlo alla realtà dell’Accademia dove la psicologia dello sport è entrata per la prima volta proprio nella passata stagione sportiva.
L’intervento ha avuto cadenza settimanale, con incontri che duravano circa 1 ora con i 27 giovani atleti e qualche volta anche alla presenza dello staff tecnico.
Entrando con rispetto e curiosità in questo sistema abbiamo capito da subito come l’esigenza primaria fosse quella di costruire un’identità di gruppo che permettesse agli atleti di aumentare il loro potenziale di coesione, compattezza e intesa in campo, fattore fondamentale in ogni sport di squadra.
Alle Accademie zonali afferiscono giovani provenienti dal territorio dove l’accademia sorge, ma anche da regioni limitrofe; in quella di Roma vivono atleti provenienti da Lazio, Umbria, Sardegna e Abruzzo. Poiché l’accademia ha una durata di due anni, ogni anno il gruppo cambia per l’uscita degli atleti che completano il secondo anno e l’ingresso dei nuovi giovani che iniziano il loro percorso. Ogni gruppo ha, quindi, una ‘vita annuale’ per la quale i ragazzi devono riadattarsi al un nuovo sistema.
Il buon adattamento non è affatto scontato e l’intervento della psicologia dello sport può essere fondamentale in questo senso.
All’inizio del percorso lo staff tecnico ha riferito che l’anno precedente si erano verificati diversi episodi gravi a livello comportamentale, atti goliardici sfociati in vessazioni o strutturazione di gerarchie di potere chiuse e basate sulla prevaricazione.
Alla luce di queste informazioni accanto all’insegnamento di tecniche specifiche rivolte al miglioramento della prestazione atletica, come il rilassamento e la respirazione, l’intervento si è centrato sul modificare le dinamiche di gruppo, individuando leader positivi che potessero dare l’impronta giusta al nuovo sistema.
È spontaneamente emerso dal gruppo un atleta del secondo anno che, vittima di vessazioni durante la passata stagione, si è dapprima posto ‘accanto’ alle psicologhe per poi ‘tornare’ nel gruppo sotto una luce di maggior prestigio e autorevolezza. Spesso negli interventi di gruppo ha fatto da ‘assistente’ proponendosi per primo nelle attività e mettendosi in gioco nell’esprimere pensieri, sentimenti e esperienze personali, sollecitando gli altri a emergere e definirsi. La posizione fisica durante gli incontri era sempre centrale rispetto al gruppo dei compagni e frontale rispetto alle psicologhe.
Negli ultimi mesi della stagione, per consolidare il lavoro fatto sulla dimensione gruppale, sono state scelte due tecniche mutuate dalla psicoterapia sistemico relazionale: la tecnica dello Zaino di Alfredo Canevaro (2008) e lo strumento dello Stemma che ben si prestava a rappresentare simbolicamente l’identità della squadra, intesa come organizzazione di relazioni con vincoli e risorse (adattato da Fulmer, 1983).
Nell’incontro dello’ zaino’ si è chiesto agli atleti del secondo anno di pensare ad una loro caratteristica e/o dote, che ritenevano potesse essere una risorsa, da lasciare ‘in eredità’ ad uno dei loro compagni o al gruppo che proseguiva.
Partiti con baldanza, i ragazzi si sono ben presto trovati in difficoltà, sopraffatti dalle emozioni.
Il ragazzo di cui abbiamo sopra parlato, si è subito proposto di iniziare per poi fermarsi e dire: “Beh mica è facile”. Ha quindi detto: ”Vi lascio la mia voglia di studiare, così vi finisco”, per poi prendersi del tempo e, con occhi lucidi lasciare ai suoi compagni “la voglia di giocare, sempre e comunque”.
Ad un certo punto un ragazzo del primo anno ha chiesto alle psicologhe se anche loro avrebbero lasciare qualcosa ai compagni che andavano via. Il calore emotivo è aumentato, così come la vicinanza fisica, intensificandosi lo scambio di ‘parti di sé’ da donare e condividere con gli altri.
L’incontro successivo, l’ultimo della stagione, ha visto coinvolti anche gli allenatori della mischia e dei tre/quarti; è stato chiesto ai ragazzi di dividersi secondo l’appartenenza al proprio reparto e insieme al rispettivo allenatore e di disegnare uno stemma che li rappresentasse. La proposta è stata accolta con entusiasmo da tecnici e atleti che si sono messi subito al lavoro per “stare nei tempi” concordati.
Il reparto ha subito focalizzato alcune sue caratteristiche. L’eleganza, rappresentata dal cappellino sul pallone, e la velocità data dagli scarpini e dalle ali, disegnate sempre sul pallone. Infine sono stati disegnati ovviamente i pali, elemento caratterizzante del reparto.
La mischia
Il portavoce del gruppo, “l’assistente delle psicologhe”, ha descritto l’uomo di mischia come “l’uomo ciotto” che fa pesi e mangia proteine. L’uomo di mischia è forte sul petto, nel quale “tiene” tutti i suoi componenti e rappresenta la testa della squadra: ”Senza la mischia non si va da nessuna parte”.
In ultimo si è chiesto di fare uno stemma unico che rappresentasse la squadra nella sua interezza e coesione. In pochissimi minuti si sono messi d’accordo, dopo un breve momento divertente nel quale ciascun reparto cercava di “imporsi” sull’altro. I ragazzi hanno deciso di forzare la consegna, che prevedeva la creazione di uno stemma ex novo, ed hanno modificato, facendo delle aggiunte, lo stesso della mischia.
All’uomo di mischia sono state aggiunte le ali, ha intorno a sé le maglie con i numeri dei ¾ e alle sue spalle i pali, i suoi scarpini sono colorati in due modi diversi. Sui pali c’è scritto “HRoma Boyz”.
Somigli C., Corazzi S., CISSPAT Lab